Tumore al seno metastatico: la storia di Gaia
Il tumore al seno metastatico non è stata la prima neoplasia con la quale mi sono dovuta confrontare. Il mio primo approccio con l’oncologia è avvenuto a 29 anni, a ridosso del mio compleanno: un linfoma di Hodgkin al secondo stadio.
Le terapie purtroppo non hanno funzionato, pertanto ho dovuto ricorrere al trapianto di cellule staminali: un percorso molto complesso, che prevede la permanenza in camera sterile. Dopo molti ricoveri e un periodo davvero difficile, nel corso del quale sono entrata in menopausa e ho perso tutti i capelli, nel 2007 ho concluso le terapie e ho avviato un percorso di recupero. Finalmente stavo bene.
Dieci anni dopo, qualche giorno prima del matrimonio, nell’ambito dei miei controlli periodici ho scoperto invece il tumore al seno.
Al rientro dal viaggio di nozze, è partito l’iter. A novembre il primo intervento e da gennaio le cure: inizialmente sembrava un protocollo semplice, fino a giugno. Nel 2019, a un anno e mezzo dalla fine delle terapie e a due anni dall’intervento, abbiamo però appurato che il mio era diventato un tumore al seno metastatico.
Le metastasi le abbiamo individuate nel corso di alcuni controlli, erano nell’ascella, nel mediastino, vicino alle clavicole e nei polmoni. Così a dicembre ho intrapreso un percorso di cura con l’immunoterapia combinata con la chemioterapia, in quel momento sperimentale: attualmente ho concluso il quarantottesimo ciclo e sembra tutto in remissione.
In questo percorso ho incontrato varie difficoltà, tra le quali un linfonodo posizionato tra l’aorta e i polmoni, che è stato curato inizialmente con radioterapia stereotassico (che non è stata risolutiva), successivamente con la crioablazione. Da allora, febbraio 2022, sono stabile.
Trovare la serenità dopo il cancro si può?
Trovare la serenità dopo il cancro non è stato semplice: una diagnosi di tumore ti cambia totalmente. Io l’ho ricevuta a 29 anni, quando la vita sta decollando, dopo gli studi. Avevo trovato un ottimo lavoro su cui ero concentrata, facevo uno sport che mi piaceva tantissimo, per il quale mi stavo anche allenando per fare delle gare, avevo appena comprato casa. In poche parole, stavo pensando al futuro.
A quel punto devi rivalutare tutte le priorità, inizi a considerare anche la morte, che sembrava una possibilità molto lontana. Per me lo è stato in particolar modo perché rientravo nella piccola percentuale del 15-20% di persone alla quale la terapia non fa effetto.
La solitudine è stato un elemento costante, perché, per quanto tu possa avere famiglia e amici vicini, non c’è persona che ti possa consolare, che ti possa stare vicina. Non sei sola in senso stretto, ma sei sola tu con il tuo problema. Questo non significa che non sia piacevole trascorrere il tempo con qualcuno che ti vuole bene, ma viaggi sempre su due dimensioni diverse. Io ho sempre pensato che non fosse corretto catapultare gli altri nel mio mondo, che faticherebbero a comprendere, e quindi mi sono sentita molto sola. Ho perso completamente la leggerezza.
Una volta, per esempio, ero andata a fare un aperitivo con un’amica e vedevo due coppie, le cui fidanzate si sistemavano i capelli, controllavano se fossero in ordine. In quel momento mi sono commossa perché esprimevano una leggerezza che io non avevo più. Non mi sono chiusa a riccio e ho ancora molti amici che mi stanno vicina, ma riconosco di avere una visione diversa e che mi manca questo elemento di spensieratezza.
Tumore al seno e gravidanza
Tumore al seno e gravidanza sono due eventualità che purtroppo non vanno molto d’accordo.
Per me la maternità è un discorso complesso. A seguito del primo cancro, infatti, sono sterile. Prima ancora del matrimonio io e mio marito avevamo provato ad indagare se fosse possibile la fecondazione assistita con ovulo di donatrice, e lo sarebbe stato se non fosse arrivata la prima diagnosi di tumore al seno. Una volta guarita dal primario, avevamo iniziato il percorso per l’adozione, ma abbiamo desistito con l’arrivo del tumore al seno metastatico. Prima del linfoma non ci pensavo, ma ora è un desiderio irraggiungibile, quindi rimane per me un’occasione persa.
In ogni caso, io conduco una vita praticamente normale rispetto a tanti altri. Il giorno successivo alle terapie riprendo le mie abitudini di sempre, tolti i casi in cui la cura risulti debilitante.
La questione della perdita dei capelli l’ho ampiamente accettata e superata, ma forse l’avevo accettata anche all’epoca del primo linfoma, solo che a volte chi ti sta vicino preferisce vederti con la parrucca e non con i turbanti.