La predisposizione genetica
Alcune mutazioni genetiche ereditarie predispongono a un’elevata probabilità di sviluppare tumori al seno e all’ovaio. Le più frequenti e studiate riguardano i cosiddetti geni BRCA (acronimo di Breast, cioè seno, e Cancer, cioè cancro): BRCA1 e BRCA2. Normalmente, questi geni aiutano a riparare i danni al DNA e, quindi, a prevenire la formazione di cellule cancerose. Tuttavia, quando si ereditano geni mutati e mal funzionanti, questo meccanismo di difesa viene meno.
Oltre ai geni BRCA, esistono altri geni in grado di influenzare il rischio di tumore al seno. Tra questi, PALB2, ATM e CHEK2. Per questo, oggi il pannello di ricerca viene esteso anche a questi geni “critici” sia ad alta penetranza, ma anche a penetranza intermedia, così da ottimizzare il
percorso di cura della paziente in caso di malattia, e il calendario di controlli ai familiari sani, ma portatori di uno di questi geni.
La familiarità
Possedere un parente di primo grado, come la madre, una sorella o una figlia, con un tumore al seno o all’ovaio aumenta leggermente il rischio di ammalarsi. Va prestata particolare attenzione se il tumore è comparso prima dei 40 anni, se si è manifestato in entrambi i seni e se tra i familiari colpiti ci sono casi maschili di tumore alla mammella. Oltre ai casi di tumore al seno e alle ovaie, va segnalata anche la presenza, sempre nel medesimo nucleo familiare, di cancro al pancreas e al colon per entrambi i sessi, e di prostata per gli uomini, dal momento che può esserci un comune denominatore.
Per questo è consigliabile segnalare al proprio medico di famiglia e al senologo le eventuali presenze di forme tumorali in famiglia, anche per valutare un eventuale calendario di controlli diverso rispetto alla solita cadenza.
Il counselling
La proposta di eseguire il test BRCA deve avvenire nel rispetto dei tempi di decisione della paziente alla quale deve essere fornita adeguata informazione su tutti gli aspetti collegati all’eventuale risultato positivo del test. In accordo con le attuali linee guida nazionali, i test genetici devono essere proposti esclusivamente dopo una consulenza durante la quale gli individui o i membri di una famiglia possano comprendere pienamente il significato, le opzioni di gestione clinica e dunque possano scegliere autonomamente il percorso più appropriato. Vista la peculiarità dell’intero percorso e il livello di esperienze e competenze richiesti ai diversi professionisti coinvolti, è importante che le famiglie a rischio si rivolgano esclusivamente nei centri regionali altamente specializzati. La consulenza genetica oncologica è un percorso multidisciplinare che coinvolge, per l’intera durata, specialisti differenti come oncologi, genetisti, psicologi, radiologi, ginecologi, chirurghi generali e plastici.
Il test
Per stabilire se si è portatori di mutazioni nei due geni BRCA esistono dei test genetici che si eseguono tramite un normale prelievo del sangue. Nelle pazienti affette da tumore ovarico può essere condotto anche sul tessuto tumorale. Il test deve essere effettuato prima di tutto su un componente della famiglia che abbia già sviluppato la malattia ed è raccomandato fin dal momento della diagnosi per completare la fase diagnostica molecolare, in previsione di un eventuale utilizzo terapeutico e per favorire l’accesso ad una consulenza genetica oncologica pre-test nell’ambito dei percorsi di prevenzione. L’identificazione di una mutazione BRCA in una paziente affetta da carcinoma ovarico o mammario permette di iniziare un percorso di counseling genetico nei familiari sani al fine di identificare portatori sani di mutazione BRCA ai quali offrire programmi mirati finalizzati alla riduzione del rischio.
La gestione del rischio
LA SORVEGLIANZA
In caso di mutazione dei geni BRCA si può scegliere di aderire a un programma personalizzato di diagnosi precoce. Questa sorveglianza serrata dovrebbe cominciare dai 25 anni d’età, e comunque dieci anni prima dell’età in cui si è ammalato il familiare più giovane. Alcune Regioni italiane propongono: ecografia mammaria semestrale a partire dal test; mammografia bilaterale annuale dai 35 ai 69 anni d’età; risonanza magnetica bilaterale annuale a partire dai 25 anni. Un controllo semestrale del marcatore tumorale CA-125, in combinazione con l’ecografia transvaginale, sono raccomandati alle donne in periodo fertile che programmano la maternità.
LA CHIRURGIA
La mastectomia profilattica bilaterale riduce di oltre il 90% il rischio di sviluppare un tumore al seno mentre l’annessiectomia profilattica bilaterale può prevenire l’80-95% dei tumori ovarici su base genetico-ereditaria. L’annessiectomia bilaterale è oggi consigliata nelle donne con mutazione del gene BRCA1/2 che hanno già avuto gravidanze o che siano in menopausa. Per le portatrici della variante BRCA1 andrebbe proposta dai 40 anni, mentre alle portatrici della variante BRCA2 si può proporre dai 45 anni visto che il rischio di sviluppare un tumore ovarico è inferiore (intorno al 18%) e aumenta a partire dai 50 anni. La condivisione della scelta e il supporto psicologico, soprattutto nelle donne ancora in età fertile, è fondamentale. La sola annessiectomia profilattica bilaterale nelle portatrici sane è correlata anche a una riduzione del rischio di carcinoma mammario del 50% in virtù della minore esposizione ormonale della ghiandola mammaria.