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Diagnosi precoce: come può cambiare la terapia?

To treat or not to treat?  La domanda è stata scelta dagli oncologi per affrontare il tema del tumore al seno precoce, cioè che viene diagnosticato quando il nodulo maligno è molto piccolo. Ma attenzione all’interpretazione del quesito. Non significa la “non cura”, ma una gestione diversa dei farmaci al fine di evitare sia il sotto-trattamento, sia il sovra-trattamento.  Per saperne di più, nel corso del congresso AIOM, abbiamo intervistato Giuseppe Curigliano, Professore di Oncologia Medica Università di Milano, Direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative,  IEO, Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Europa Donna Italia: «Professor Curigliano, perché l’attenzione verso queste forme è così elevata?»

Prof. Curigliano: «Oggi sappiamo che più è precoce la diagnosi e maggiore è la probabilità di guarire, con tassi di guarigione e di sopravvivenza che possono essere del 90% e anche oltre. Da qui la riflessione della comunità scientifica sulla possibilità di ridurre l’intensità delle cure per questa tipologia di pazienti.  Basti pensare alla radioterapia post-operatoria che oggi comprende diverse strategie, comprese alcune che offrono un minore impatto sulla salute in termini di tossicità. Questo ci permetterà in futuro di scegliere l’opzione più indicata alla singola paziente, basandoci sui fattori biologici associati alla neoplasia.»  

Europa Donna Italia: «La diagnosi di tumore al seno triplo negativo fa sempre molta paura. Anche in questo caso l’approccio può cambiare se la diagnosi è precoce?»

Prof. Curigliano: «Dagli studi condotti fino ad ora è emerso che per tumori molto piccoli, magari con un elevato livello di infiltrato linfocitario, forse è possibile ridurre la dose di chemioterapia, perché in quel sottogruppo specifico la probabilità di guarigione è molto alta.  Il dibattito scientifico è importante e riguarda anche le lesioni diagnosticate in una fase 1 un po’ più avanzata. In questo caso, ad oggi non sappiamo ancora come ridurre l’intensità delle terapie, vale a dire, se aggiungere o meno l’immunoterapia alla chemio, anche se sappiamo che molte donne in questa fase della malattia guariscono.»

Europa Donna Italia: «Ultima domanda, ma non meno importante: i nuovi approcci nel caso del tumore al seno diagnosticato precocemente, riguardano anche la terapia ormonale?»

Prof. Curigliano: «Abbiamo evidenze circostanziate che anche nei tumori piccoli la terapia ormonale serve a ridurre il rischio di recidiva. Quello su cui si può discutere invece è la durata, perché non sempre è utile proseguire la terapia oltre i cinque anni.  La risposta potrebbe arrivare da uno studio francese tuttora in corso, che sta confrontando, sempre in questa fase precoce di malattia, due modalità diverse di terapia ormonale: due anni verso cinque.»