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ASCO 2024: tutte le novità sul cancro al seno 

Dall’ASCO 2024, il congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology, arrivano novità molto interessanti sulle opzioni terapeutiche per il tumore al seno. 

Prima di scoprirle nel dettaglio, un po’ di contesto.  

Come ha evidenziato AIOM, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica, negli ultimi decenni la combinazione tra terapie innovative sempre più efficaci, stili di vita più sani e maggiore adesione agli screening ha portato a successi innegabili nella cura del cancro, non solo quello del seno. Parliamo, nello specifico, di oltre 6 milioni di vite salvate, di 4 milioni di morti evitate e di un calo nella mortalità del 33%. 

Non è tutto: proprio in Italia si rileva il maggior numero di donne vive dopo una diagnosi di tumore al seno rispetto a quanto registrato in tutta Europa. 

Il triplo negativo e l’immunoterapia 

Il triplo negativo è una categoria di tumori al seno negativi sia ai recettori degli estrogeni che a quelli del progesterone e del fattore di crescita dell’epidermide (HER2). Sono neoplasie spesso aggressive, recidivanti e per le quali lo standard terapeutico è ancora la chemioterapia. 

Una situazione che potrebbe cambiare grazie ai dati dello studio A-BRAVE, presentati durante l’ultimo ASCO. Il trial è il primo nella letteratura scientifica mondiale a valutare l’impiego dell’immunoterapia per il trattamento del tumore al seno triplo negativo precoce e ad alto rischio di metastasi. Nello specifico, lo studio ha dimostrato come l’utilizzo di avelumab, un anticorpo monoclonale, dopo l’intervento chirurgico sia in grado di ridurre il rischio di decesso del 34% e lo sviluppo di metastasi cosiddette “a distanza” (ossia in organi lontani dalla sede primaria) del 30%. 

Il tutto a fronte di una buona tollerabilità del farmaco e tossicità contenuta. 

Trastuzumab deruxtecan: ancora una conferma 

Del trastuzumab deruxtecan si è già detto moltissimo negli ultimi anni: sappiamo che è un farmaco appartenente alla classe degli anticorpi farmaco-coniugati, molecole che combinano la potenza dei chemioterapici con la precisione degli anticorpi monoclonali. Questa associazione consente di indirizzare gli effetti del chemioterapico esclusivamente sulle cellule tumorali, risparmiando così i tessuti sani e restituendo un profilo di tossicità ridotto. 

Durante l’ultimo congresso ASCO le possibilità di applicazione di questo farmaco sono state confermate dai dati degli studi DESTINY-Breast06, DESTINY-Breast03 e DESTINY-Breast07, che hanno evidenziato la capacità del trastuzumab deruxtecan di ridurre il rischio di progressione o di morte del 38% rispetto alla sola chemioterapia nelle pazienti con tumore al seno metastatico, ormonosensibile e HER2 positivo. Nella fattispecie, la molecola si è dimostrata efficace nei casi HER2 low ed ultra low, ossia per quei tumori che esprimono bassa o bassissima positività al recettore HER2. 

Diventare mamma dopo il cancro si può 

Diventare mamma dopo una diagnosi di tumore al seno è un’eventualità sempre meno remota: lo aveva dimostrato già tempo fa lo studio POSITIVE, che aveva valutato i tassi di recidiva delle pazienti che interrompevano la terapia ormonale adiuvante per avere figli, scoprendo l’assenza di un rischio aumentato di recidiva. 

Un’ulteriore indagine, presentata durante il congresso della società scientifica americana, ha quantificato l’impatto delle cure oncologiche sulla fertilità e sulle possibilità di concepimento femminili, analizzando i dati relativi ad oltre 1000 donne in un follow up di circa 11 anni. Tra queste, il 73% delle donne che hanno cercato una gravidanza è riuscito a restare incinta. 

Sono stati identificati diversi fattori in grado di aumentare le possibilità di gravidanza: per esempio, l’età della paziente alla diagnosi e l’essersi sottoposte a procedure per preservare la fertilità

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