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Europa Donna

associazioni: NUOVI ARRIVI e rinnovi ventennali

INTERVISTA DOPPIA A ERSILIA SCIANDA DI PROGETTO LUNA,  E A CRISTIANA CSERMELY DI TRIFOGLIO ROSA MESTRE

A oggi il numero delle associazioni iscritte a Europa Donna Italia è pari a 177; un numero che, anno dopo anno, continua a crescere. Tra nuovi arrivi e rinnovi ventennali abbiamo chiesto a due associazioni –Trifoglio Rosa Mestre e Progetto Luna – cosa le abbia spinte a entrare nella famiglia di Europa Donna Italia.

 

TRIFOGLIO ROSA MESTRE APS – LA NEOISCRITTA ASSOCIAZIONE DI MESTRE

Intervista alla presidente Cristiana Csermely (CC)

EDI: Ciao Cristiana! Innanzitutto, diamo il benvenuto a te e all’associazione Trifoglio Rosa Mestre. Siamo felici di avervi con noi. Ma raccontaci un po’chi siete e di cosa vi occupate?

CC: Noi non nasciamo come associazione, ma come un gruppo di atlete che nel 2011, sulla scorta di altre squadre che stavano nascendo in Italia, decide di praticare il Dragon Boat come forma di riabilitazione psico-fisica dopo l’intervento di tumore al seno. Quando sono arrivata in squadra, quattro anni fa, c’erano dodici donne; la scorsa settimana all’allenamento eravamo in cinquantacinque.

 

EDI: Sappiamo bene quali sono i benefici del Dragon Boat, ma cosa c’è oltre alla riabilitazione del corpo?

CC: Fare Dragon Boat vuol dire letteralmente essere sulla stessa barca: se tu oggi non puoi pagaiare perché magari stai facendo la chemioterapia e non ce la fai, ti siedi a fianco a me e vogo io anche per te. So cosa stai passando e so che domani potrebbe succedere il contrario. C’è questo continuo scambio e questa profonda comprensione delle difficoltà dell’altra. Ma c’è anche tanto entusiasmo di condividere la gioia della vita!

 

EDI: E come siete passate dal Dragon Boat alla creazione di un’associazione?

CC: Nasciamo per praticare Dragon Boat e non volevamo snaturarci. Potevamo accontentarci di questo.
Poi però è scoppiato il Covid e ci siamo trovate ferme, le barche non potevano più uscire.

A quel punto l’idea: in tutti questi anni la barca non era stata solo il mezzo per praticare Dragon Boat, ma era stata un momento di scambio e di comunicazione delle proprie difficoltà, dei propri bisogni, e a questo non dovevamo rinunciare.

Così abbiamo deciso, il 28 ottobre del 2020, di costituire un’associazione.

Insieme a un’altra realtà associativa abbiamo realizzato uno sportello rosa, un punto informativo per tutte le donne che incontrano il tumore al seno e che dà risposte a 360°: come fare per vedersi riconosciuta l’invalidità, quali sono i diritti sul lavoro, come fare ad avere assistenza da uno psico-oncologo, da un sessuologo o da un nutrizionista.

È un progetto di cui andiamo molto fiere e che sta crescendo giorno dopo giorno.

 

EDI: Cosa è venuto fuori da questa esperienza e cosa vi ha fatto decidere di iscrivervi a Europa Donna Italia?

Una delle ricette della felicità è piegare la sfortuna in opportunità. Il Covid era arrivato, e noi dovevamo metterci a tavolino e trovare un modo per trasformarlo in qualcosa che avesse un senso.

Dopo 10 anni e dopo aver lavorato a un consolidamento interno, penso sia arrivato il momento di fare un passo ulteriore e iniziare a lavorare a livello regionale e nazionale. Non credo ci si debba mai accontentare, ma che anzi si debba sempre rilanciare, avere nuovi sogni, nuove ambizioni, nuovi progetti e nuovi compagni di viaggio.

 

Cosa vi aspettate dalla collaborazione da EDI?

Per poter andare avanti in questo percorso è necessario mantenersi sempre aggiornate e sapere qual è lo stato dell’arte e credo che Europa Donna Italia, avendo un punto di vista nazionale, stia facendo e possa continuare a fare un grande lavoro in questo senso.
Un’altra cosa su cui credo possiate fare molto è la formazione, che deve venire da un ente superiore, non può essere improvvisata.

EDI: Entrare in Europa Donna Italia vuol dire sicuramente collaborare tutte insieme per raggiungere degli obiettivi comuni. Tu cosa pensi a riguardo?

Io credo fortemente nel potere della rete, ma forse in questo, a livello territoriale in passato abbiamo avuto delle mancanze. Ora credo sia diventato chiaro quanto unirsi possa essere un formidabile valore aggiunto. In Veneto c’è un grande associazionismo, ma c’è anche bisogno di riuscire a mettere insieme le diverse realtà presenti sul territorio.

Mi piacerebbe che ci fosse un coordinamento regionale, una delegazione a cui far riferimento, perché altrimenti si rischia di alimentare l’autoreferenzialità e di andare incontro a una parcellizzazione delle competenze.

 

PROGETTO LUNA – DA CALTANISSETTA UNA DELLE PRIME ISCRITTE A EUROPA DONNA ITALIA

Intervista alla presidente Ersilia Sciandra (ES)

 

EDI: Ersilia, avevamo già avuto modo di chiederti di raccontarci il passato e il presente della tua associazione, a cui avevamo dedicato un articolo lo scorso anno. Ora quello che vorremmo sapere da te è come la storia di Progetto Luna si sia intrecciata con quella di Europa Donna Italia.

ES: Era il 2003, e l’associazione era nata da poco; era stato facile mettersi a disposizione del volontariato, un po’più difficile era creare un’associazione. Per l’esperienza vissuta da alcune di noi, sapevamo come “prendere per mano” una donna a cui veniva comunicata una diagnosi di cancro, ma ci siamo trovate ad affrontare i molti problemi che popolavano il percorso diagnostico terapeutico.

Poi, per caso, “ho incontrato” Europa Donna leggendo una rivista. Incuriosita ho contattato la segreteria e da lì poco ero a Milano per il primo incontro avvenuto durante l’assemblea annuale dei soci. Ho conosciuto altre associazioni e un mondo nuovo si è aperto.

 

EDI: E in tutti questi anni cosa ti ha fatto decidere di rimanere?

ES: Ho avuto l’occasione di partecipare attivamente alle vostre iniziative, vedendo tutto il lavoro che c’è dietro le quinte e ho capito che far parte di Europa Donna Italia non vuol dire solo “associarsi ad un gruppo”. Da questa collaborazione abbiamo ricevuto molto: abbiamo conosciuto medici di grande spessore, ma in grado di comunicare attraverso un linguaggio accessibile, così che le volontarie potessero comprendere al meglio le tematiche affrontate e potessero a loro volta diventare portavoce di quei messaggi, non solo con le pazienti, ma anche con le Istituzioni.
Abbiamo potuto vedere come si muovevano le associazioni provenienti da altre realtà territoriali, e abbiamo fatto nostre le loro esperienze per modellarle a secondo delle nostre necessità.

La formazione fatta ci ha aiutato anche a sciogliere alcuni nodi e a intervenire su problemi che altrimenti non avremmo saputo affrontare, come il senso di colpa provato da alcune pazienti quando le coinvolgevamo in varie attività per aiutarle ad affrontare il loro “rientro a casa”. Abbiamo dovuto far capire loro che le attività alle quali partecipavano erano parte integrante del percorso di cura e non un sottrarre del tempo alla famiglia.

 

EDI: Grazie Ersilia! Formazione a parte, è nato qualcos’altro da questi anni di collaborazione e di scambio reciproco?

ES: C’è la valenza dell’appartenere ad un gruppo, che vuol dire presentare un biglietto da visita diverso, sia all’interno della struttura ospedaliera, sia con i medici che con le Istituzioni regionali.

E poi l’idea della costituzione delle delegazioni regionali: un passo importante, perché ogni regione ha esigenze e criticità diverse, e la delegazione ci aiuta a metterle in evidenza così che insieme si possano porre delle soluzioni concrete. Oggi siamo un esempio, anche a livello nazionale, l’attività di Progetto Luna è un’attività forte e molto vivace che comporta molto tempo e coinvolge molte persone preparate e accreditate. I punti di forza sono: organizzazione, serietà, condivisione, umanità, amore, che traspare nell’impegno profuso.

Il prezioso rapporto con Europa Donna Italia testimonia la nostra crescita basata su principi e valori condivisi, nonché il riconoscimento del proprio ruolo sociale. Tutto questo ci rafforza nel portare avanti le istanze anche in nome di quello che EDI -insieme a tutte le associazioni iscritte- vuole rappresentare.

 

“Hai presente quando si dà un sostegno ai bambini per aiutarli a camminare? Ecco, per noi Europa Donna è stata un po’ questo”