Screening mammografico, nel 2020 oltre 600 mila esami saltati e 2.800 tumori non diagnosticati
Firenze – Oltre due milioni di esami di screening oncologici in meno, 600 mila dei quali mammografici. È il risultato della seconda indagine realizzata dall’Osservatorio Nazionale Screening (ONS) che ha confrontato gli esami effettuati nel periodo compreso tra il primo gennaio e il 30 settembre di quest’anno con i corrispettivi del 2019.
Subito dopo il lock down di marzo e aprile, che aveva visto l’interruzione dei tre screening oncologici offerti gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, l’ONS ha svolto una prima indagine per misurare quantitativamente il ritardo accumulato e le capacità di recupero di ogni Regione. “Da questa seconda survey emerge che non vi è stato un recupero rispetto al ritardo accumulato precedentemente, ma anzi che il ritardo si è accentuato, anche se il quadro complessivo appare molto eterogeneo con grandi differenze tra le Regioni”, commenta Paola Mantellini, oncologa dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica di Firenze (ISPRO) e attuale direttrice dell’ONS.
Per ogni campagna di screening (tumori della mammella, dell’utero e del colon retto) sono stati calcolati gli esami effettuati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il numero di mesi standard di ritardo (numero di mesi di attività che sarebbero necessari per recuperare il ritardo con i volumi di attività pre-pandemici di ogni singola Regione) e la stima delle lesioni perse cioè il numero di esami effettuati in meno per il tasso di identificazione medio a livello di ogni Regione. Complessivamente hanno risposto all’indagine 20 Regioni o Province Autonome su 21: mancano solo la Basilicata e 2 aziende sanitarie su 5 della Calabria. Fra i tre screening, quello che ha reagito meglio è quello mammografico, ma anche in questo caso si registra un aumento dei ritardi. “Se analizziamo il dato in termini di persone esaminate in meno, il ritardo che si sta accumulando è imponente: complessivamente si osserva una riduzione di oltre due milioni di esami di screening e precisamente 2.118.973″, precisa Mantellini.
Per quanto riguarda lo screening mammografico, i soggetti invitati/contattati in meno sono stati 947.322 (-34,5%, i test effettuati in meno 610.803 (-43,5%), il ritardo accumulato pari a 3,9 mesi standard mentre la stima delle lesioni perse si attesta a 2.793 tumori. Anche se il ritardo non è stato recuperato, è positivo che la velocità con cui questo si è generato si è ridotta: per tutti e tre i programmi di screening infatti, se confrontiamo il periodo giugno-settembre con quello gennaio-maggio, si osserva che il numero di esami effettuati in meno e i mesi standard di ritardo sono più contenuti rispetto al primo periodo. Ciò è dovuto al fatto che in molte Regioni ci si è attivati potenziando le attività in particolare nel periodo giugno-settembre. Il massimo impegno sembra essersi concentrato sullo screening mammografico in cui si osserva un netto rallentamento nella diminuzione proporzionale degli esami eseguiti.
“Un altro elemento di grande importanza è la stima delle lesioni perse perché la storia naturale di questi tre tumori è molto diversa. Le conseguenze cliniche maggiori sono potenzialmente a carico dello screening mammografico e di quello colorettale dove potrebbe capitare che l’individuazione della lesione tumorale si verifichi a uno stadio più avanzato, perdendo quindi una parte del vantaggio legato alla diagnosi precoce” precisa Gianni Amunni, direttore generale dell’ISPRO. Ulteriori timori sono inoltre quelli legati alla partecipazione da parte dei cittadini infatti la rilevazione condotta dall’ONS ha evidenziato una minore propensione alla partecipazione pari a-21% per lo screening mammografico. “Sulla base di quanto osservato non sembra essere più nemmeno adeguato parlare di piani di rientro, ma è necessario che il sistema screening vada fortemente ripensato nel suo complesso e con logiche di solida ristrutturazione cioè di corretta, efficiente e stabile allocazione delle risorse”, commenta l’epidemiologo Marco Zappa, già direttore dell’ONS.
Prevedere un potenziamento della capacità di erogazione dei programmi, incluso l’invio di solleciti attualmente in sospeso, all’attenuarsi della curva epidemica, potrebbe essere di grande aiuto. E se da un lato i programmi di screening e le istituzioni dovranno essere in grado di garantire l’erogazione dei servizi in piena sicurezza, è altresì necessario capire più in profondità le motivazioni dei cittadini a disertare l’invito. “Infatti è possibile che, stante la difficoltà a recuperare il ritardo accumulato, le fasce di popolazione più abbienti e con livelli di istruzione più elevati decidano di ricorrere ad offerte di prevenzione individuale di tipo privatistico. Di conseguenza, le persone che potrebbero risentire maggiormente dell’impatto negativo del ritardo sarebbero quelle appartenenti alle fasce di popolazione più fragile. Anche per questo motivo è quanto mai necessario che la pianificazione dei recuperi sia tempestiva e consistente” conclude Mantellini.