Pazienti oncologici e coronavirus: come comportarsi?
Milano – I pazienti oncologici hanno le difese immunitarie più basse rispetto al resto della popolazione. E dunque, sono più esposti al rischio di infezione, non solo per la malattia respiratoria acuta “COVID-19” provocata dal coronavirus “SARS-CoV-2”, o almeno non in maniera particolare rispetto alla popolazione generale. Il rischio aumentato vale per tutte le malattie infettive e non solo per questa.
“Al momento sarebbe controproducente dare consigli diversi dalle indicazioni rivolte alla popolazione generale, peraltro in continuo divenire. Una donna operata di tumore al seno, sia in passato che in tempi recenti, deve attenersi a queste” sottolinea Claudio Zamagni, oncologo del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e membro del comitato tecnico scientifico di Europa Donna Italia.
Le precauzioni passano per una corretta igiene delle mani all’evitare il più possibile i luoghi affollati (leggi tutte le FAQ sul sito del Ministero della Salute). “Ovviamente, tutti i pazienti metastatici, non solo quelli con tumore al seno, devono fare più attenzione delle altre persone ma questo vale sempre, non solo per il rischio di essere infettatati dal coronavirus” riprende l’oncologo.
I pazienti che, a causa del tumore, sono sottoposti a trattamenti come la chemioterapia, che possono indurre immunosoppressione, “devono fare riferimento agli oncologi che l’hanno in cura che hanno il quadro completo della loro situazione clinica” conclude Zamagni.
In un comunicato diramato ieri, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) invita i suoi associati a rispettare le direttive del Ministero della Salute. Per i malati in trattamento attivo è opportuno che venga considerata la possibilità di rimandare cure già programmate in base al rapporto tra i rischi legati all’accesso in ospedale e i benefici attesi.
“Rinvio delle visite di follow-up e attivazione di percorsi di follow-up via mail o telefonica. Non solo. Nel caso di pazienti oncologici in trattamento attivo è opportuno che venga valutato e discusso caso per caso l’eventuale rinvio del trattamento, in base al rapporto tra i rischi (per il singolo e per la collettività) legati all’accesso in ospedale e i benefici attesi dal trattamento stesso” (leggi il comunicato integrale).