Nutrizione in oncologia: qualcosa sta cambiando
La Regione Lombardia delibererà a breve il primo PDTA sulla nutrizione clinica in oncologia, a garanzia di un’equità di cura. È un grande passo avanti. L’alimentazione, infatti, rappresenta un aspetto cardine nell’ambito del percorso oncologico, con vantaggi innegabili. Dati alla mano, con la prevenzione della malnutrizione si ottiene una riduzione delle complicanze e una diminuzione di circa il 25% del rischio di mortalità. Per saperne di più abbiamo intervistato Gabriella Farina, Direttore Dipartimento Oncologico ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano.
Quali possono essere i rischi legati alla malnutrizione?
Qui è necessaria una premessa. Sappiamo che il 50% dei pazienti oncologici dopo la diagnosi ha un calo ponderale che oscilla tra 1 e 10 chili. E questo, per innumerevoli ragioni. Innanzitutto, la presenza del tumore causa una cascata infiammatoria che provoca inevitabilmente una riduzione dell’appetito. Poi, per alcune forme oncologiche c’è proprio un ostacolo alla nutrizione. Pensiamo a un tumore dell’esofago dove il paziente fa fatica a deglutire e a ingerire gli alimenti, a un tumore del cavo orale che crea difficoltà nella masticazione, e a un tumore del pancreas o dello stomaco che creano un ostacolo al transito del cibo. In più, a causa della malattia si possono manifestare alterazioni metaboliche che portano anche alla perdita di massa muscolare. Tutte queste situazioni che ho elencato, se non si interviene adeguatamente e in modo personalizzato, possono essere tra le ragioni di uno stato di malnutrizione e portare a complicanze. Le più frequenti sono un prolungamento dell’ospedalizzazione se il paziente è ricoverato e un rischio maggiore di infezioni. Ci possono poi essere problemi in corso di terapia. Per dare un’idea, a causa della malnutrizione si possono verificare una minore tollerabilità dei farmaci chemioterapici e una loro maggiore tossicità, con la necessità talvolta di dover ridurre i dosaggi, cosa che porta inevitabilmente a una diminuzione dell’efficacia terapeutica.
Ci sono dei controlli da eseguire?
La valutazione del peso corporeo rimane un caposaldo, per valutare l’eventuale perdita di chili, ma non deve essere l’unico controllo. Oggi ci aiutano tecniche raffinate come l’impedenziometria, un esame che permette di valutare la composizione corporea, associata, in casi particolari, ad altri esami di secondo livello. Bisogna tenere presente che non solo la perdita di peso ma anche la sarcopenia, cioè la perdita della massa muscolare che avviene nel 20-70% dei pazienti a seconda del tipo di tumore, è un fattore di rischio.
Che cosa cambia oggi?
Nonostante la consapevolezza dell’importanza della nutrizione, l’approccio era molto diverso fra strutture e strutture e molti pazienti non venivano valutati in maniera adeguata. Spesso poi il tema della nutrizione era lasciato alla libera iniziativa dei pazienti con il rischio di affidarsi a nutrizionisti non esperti che, magari, suggerivano schemi alimentari incongrui.
Grazie al PDTA invece sono stati strutturati i controlli per i pazienti, con un percorso che deve prevedere una valutazione dello stato nutrizionale del paziente iniziale al momento della diagnosi, da ripetere poi periodicamente. È prevista inoltre la valutazione del peso e del rischio di malnutrizione non solo a tutti i pazienti ricoverati, ma anche ai pazienti ambulatoriali e a quelli che sono in trattamento per la malattia oncologica.
Ci sono altri cambiamenti sostanziali in corso?
Da gennaio 2024 la Regione Lombardia ha reso obbligatorio lo screening nutrizionale a tutti i pazienti ricoverati e ad agosto ha anche identificato i Centri HUB di nutrizione clinica, che sono 5 in Lombardia, e i Centri spoke dove sono presenti team nutrizionali. I centri HUB di nutrizione clinica devono avere dei volumi di attività elevati, la possibilità di ricoverare i pazienti e percorsi ben strutturati, magari anche la possibilità di far partecipare i pazienti a studi clinici. I team nutrizionali devono essere formati da diverse figure professionali come il medico, il nutrizionista, il dietista, l’infermiere, il farmacista ed eventualmente il pediatra. I Centri Spoke devono lavorare in rete con i centri HUB che possono fornire anche consulenze in telemedicina.