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La chirurgia conservativa ieri e oggi

Cosa è cambiato in chirurgia conservativa NEGLI ULTIMI CINQUANT’ANNI

Quest’anno ricorre un anniversario speciale. Era infatti il 1973 quando Umberto Veronesi avviò uno studio su 700 donne, forte di una sua convinzione relativa alla mastectomia, da lui ritenuta troppo aggressiva nel caso di tumori di dimensioni ridotte. Così, per 350 donne l’iter fu sempre il medesimo, cioè mastectomia radicale, mentre  il restante 50% delle pazienti venne sottoposta a quadrantectomia seguita da radioterapia. Il resto è storia. I risultati dello studio, pubblicati sul New England Journal of Medicine, dimostrarono che tra i due gruppi non risultavano differenze in termini di sopravvivenza e di ricadute.  Dal 1973  sono trascorsi 50 anni e oggi circa il 70% delle donne con una diagnosi di tumore al seno può beneficiare di una chirurgia rispettosa dell’anatomia. Per sapere quali sono stati i passi avanti nella chirurgia conservativa, ne parliamo con Daniela Terribile, Chirurgo Senologo Oncologo, Policlinico A. Gemelli di Roma 

Cos’è cambiato dalla pubblicazione dello studio di Veronesi?

Dopo qualche anno di ulteriori lavori scientifici per confermare il dato, la quadrantectomia è entrata nella pratica a metà degli i anni ’80. È stato un grande passo avanti e per due ragioni. Da una parte , ha rappresentato una conquista perché rendeva possibile l’asportazione del tumore e la conservazione del seno. Dall’altra, questa attenzione all’esito estetico ha contribuito a cambiare l’approccio delle donne alla malattia e ad avere meno paura di rivolgersi al chirurgo sapendo di poter evitare molto spesso un intervento demolitivo . In via indiretta ha dunque contribuito, insieme alla sempre maggiore diffusione dei programmi di screening e a un aumento della sensibilizzazione a tale riguardo (rivive).

Da lì in poi, ci sono stati altri cambiamenti?

Certo, la quadrantectomia si è evoluta fino ad arrivare allo sviluppo di un’ulteriore tecnica, che  prevede, ovviamente quando è possibile, l’asportazione unicamente della parte malata associata ad una piccola quota di tessuto sano circostante, senza necessità di asportare la pelle sovrastante il tumore. Va da sé che con metodi così raffinati, sono cambiate anche le incisioni, sempre meno visibili, e l’adozione delle stesse suture utilizzate dai chirurghi plastici. Non è poco, perché questo significa avere cicatrici poco visibili anche a seno nudo.

Quindi non è più necessario intervenire anche sul seno sano, per questioni estetiche?

Dipende da molte variabili, compresa l’anatomia del seno. Ormai si parla correntemente di “chirurgia oncoplastica “ ed è indispensabile che il team multidisciplinare comprenda anche il chirurgo plastico per valutare l’intervento dal punto di vista dell’estetica, nel pieno rispetto dei criteri oncologici. Certo, si può trattare  di interventi  più complessi, con l’obiettivo di ottenere il migliore risultato dal punto di vista oncologico, e un buon risultato estetico. Non cancelliamo la paura del cancro, purtroppo quella è una ferita che rimane aperta a lungo, ma sicuramente, un intervento accurato nel rispetto del corpo e dell’immagine della donna, va a beneficio dell’impatto sul tono dell’umore, più positivo, e sulla qualità di vita. E non è poco.