Microbiota e malattia oncologica: cosa c’è di vero?
Il microbiota è la comunità di batteri che popola prevalentemente l’intestino e “dirige” tutto l’organismo, cervello compreso. Gli studi, da qualche anno, stanno sempre più evidenziandone il ruolo nell’ambito della malattia oncologica e iniziano a far intravedere quale sarà il ruolo nell’ambito delle terapie.
Non solo: si accenna già al microbiota quale biomarker. Coloro che soffrono di tumore del colon retto possono avere un mix di 12 ceppi diversi che rappresentano una sorta di firma che il cancro lascia già in fase iniziale. Per sapere cosa stanno dimostrando le ricerche e quali regole si possono seguire per potenziare il microbiota, abbiamo intervistato Maria Rescigno, Direttore dell’Unità di Immunità delle mucose e microbiota all’Istituto Humanitas di Rozzano, Milano.
Professoressa Rescigno, è vero che esiste un microbiota del tessuto mammario?
Assolutamente sì. Quello che si sa è che il tessuto mammario non è del tutto sterile, ma ha un microbiota che cambia in determinate condizioni, come la gravidanza e l’allattamento. Lo stesso accade nel caso di un tumore, con la presenza di alcuni microrganismi diversi da quelli del tessuto sano. Gli studi stanno inoltre dimostrando che si può avere una prognosi differente a seconda dei ceppi presenti. Di recente infine, sta emergendo il ruolo del microbiota intratumorale nel processo che porta alla formazione di metastasi. Questo meccanismo peraltro è stato visto anche per il tumore del colon retto.
Microbiota e terapie oncologiche: è reale l’esistenza di un legame?
Certamente, oggi sappiamo che i pazienti che rispondono ad alcune chemioterapie e immunoterapici, hanno una composizione del microbioma differente dai non responder. Le prove esistono per quanto riguarda il melanoma e i tumori del polmone, del rene e, da poco, del seno. Due studi del 2022 hanno dimostrato che con il trapianto di microbiota da pazienti responder ad altri non responder, si è ottenuto un aumento del 40% di pazienti che hanno risposto positivamente alle terapie. Quello che non sappiamo ancora è l’identikit dei microrganismi coinvolti e qui ci sono parecchi gruppi di ricerca che stanno lavorando.
Qual è il ruolo del paziente nell’aiutare il microbioma ad agire al meglio?
È fondamentale. Valutando l’alimentazione dei pazienti responder, si è visto che la loro alimentazione era ricca in fibre, sostanze che rappresentano un vero e proprio nettare per il microbioma. Oggi è allo studio una dieta ad hoc per facilitare lo sviluppo dei microrganismi che favoriscono una buona risposta ai trattamenti oncologici. Oltre alle fibre, consiglio gli alimenti fermentati per migliorare le probabilità di successo delle terapie. Gli immunomodulanti sono sostanze che stimolano il corretto funzionamento del sistema immunitario e vengono utilizzati dal microbiota per la produzione di postbiotici. Lo yogurt è il cibo fermentato più noto. Per ottenere il massimo dei suoi benefici, va preparato a casa. Rispetto a quello industriale, non contiene zuccheri non contiene zuccheri aggiunti ad esempio, oppure altre sostanze utilizzate per stabilizzare l’alimento. Inoltre in funzione del ceppo da cui si parte per ottenere lo yogurt, si possono avere proprietà differenti. Altri cibi sono il kefir e il miso, che deriva dalla fermentazione di semi di soia, oppure di riso o di orzo, insieme a probiotici e sale.