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Tumori ginecologici: una giornata per conoscerli meglio

I tumori ginecologici sono neoplasie che si sviluppano a carico dell’apparato riproduttore femminile. Grazie alle tante campagne di sensibilizzazione avviate negli anni, su alcuni di questi – vedi il tumore alla cervice o all’ovaio – la consapevolezza collettiva è cresciuta e le pratiche preventive, dove possibili, si sono diffuse sempre più. Su altri, invece, le conoscenze nella popolazione restano ancora lacunose. 

Anche per questo motivo, da qualche anno a questa parte la European Society of Gynaecological Oncology (ESGO), in collaborazione con ENGAGe, il gruppo europeo che riunisce le associazioni di pazienti, ha deciso di istituire una Giornata Mondiale dei Tumori Ginecologici, il cui obiettivo è sensibilizzare la popolazione femminile sulla prevenzione di tutte le malattie neoplastiche che possono colpire l’apparato genitale. 

Un tema, come ci insegna la cronaca più recente, per niente distante dalla divulgazione sul tumore al seno: tra le due patologie, infatti, può esserci una connessione genetica, ossia una predisposizione generata da una mutazione ormai ben nota, la BRCA. È il caso questo della modella Bianca Balti, che a fine Agosto ha annunciato l’intenzione di sottoporsi alla rimozione preventiva di ovaie e tube dopo la scoperta della mutazione BRCA1. 

Vediamo quindi insieme quali sono i tumori ginecologici, come si riconoscono e quali legami hanno con il carcinoma mammario. 

Tumore al seno: le correlazioni con l’area ginecologica 

Il tumore al seno ricorre molto spesso in associazione alle mutazioni genetiche BRCA1 e BRCA2, legate a un rischio maggiore di sviluppare la malattia e responsabili del 15% dei carcinomi mammari. 

Sebbene la connessione tra le due varianti patogenetiche e il cancro al seno sia ormai quasi istantanea, è necessario ricordare che BRCA1 e BRCA2 aumentano anche le probabilità di ammalarsi di tumore all’ovaio: secondo le statistiche, circa un quarto di queste neoplasie dipende dalle mutazioni in questione. Un dato ancor più rilevante se si tengono a mente le difficoltà nella diagnosi precoce del tumore all’ovaio e l’assenza di strumenti di screening adeguati. 

Ma non è tutto. Uno studio apparso sul Journal of the National Cancer Institute ha individuato un’ulteriore correlazione tra le mutazioni BRCA1 e BRCA2 e una specifica neoplasia dell’area ginecologica, il carcinoma sieroso uterino, una patologia rara (rappresenta circa il 10% dei tumori all’utero) ma molto aggressiva e dalla prognosi spesso infausta. 

Infine, tra i tumori ginecologici e il carcinoma al seno c’è ancora un nesso: la mutazione PTEN, responsabile di un rischio aumentato di cancro sia al seno che all’endometrio. Mentre nella popolazione la possibilità di sviluppare la malattia è attestata al 2,6%, nelle donne portatrici della variante patogenetica la probabilità sale al 28%, con un’età media per la diagnosi individuata tra i 40 e i 50 anni. 

Ma come si presentano i tumori ginecologici? 

Tumore all’ovaio 

È tra i tumori ginecologici più complessi da diagnosticare precocemente: si presenta infatti con una sintomatologia aspecifica, quindi difficile da riconoscere rapidamente e che quasi sempre conduce alla scoperta tardiva della malattia. Per questo motivo il cancro all’ovaio è correlato a tassi di mortalità elevati (30%). 
I segnali d’allarme includono gonfiore addominale, dolore pelvico, stipsi, perdita di appetito o senso di sazietà precoce. 

Tumore all’endometrio 
È uno tra i carcinomi femminili più diffusi e si manifesta soprattutto attraverso sanguinamenti anomali, specialmente nelle donne in menopausa, che rappresentano la percentuale della popolazione più colpita da questa patologia. La sintomatologia esplicita e la possibilità di ricorrere al Pap test come strumento di diagnosi precoce fanno sì che il 70% di queste neoplasie venga intercettato in stadio non avanzato. 

Il trattamento terapeutico standard in questi casi è l’isterectomia, ovvero la rimozione dell’utero. 

Tumori della vulva e della vagina 

Colpiscono rispettivamente la vulva, ossia la parte esterna dei genitali femminili, e la vagina, cioè il canale interno. Sono accomunati dal virus HPV come principale fattore scatenante: il papilloma virus è infatti responsabile del 70% dei carcinomi vaginali e del 43% dei tumori vulvari. 
La rispettiva incidenza è inoltre fortemente connessa alla presenza di altri tumori dell’area ginecologica, come il cancro alla cervice, o, nel caso del tumore alla vulva, di patologie come il Lichen sclerosus

Mentre il tumore della vulva compare con pruriti, arrossamenti o lesioni visibili, quello della vagina è caratterizzato quasi sempre da perdite di sangue anomale, quindi lontane dal ciclo mestruale. 

Tumore della cervice uterina 

È una patologia estremamente comune, tanto da rappresentare la quinta neoplasia più diffusa al mondo. Quasi il 100% di questi tumori è causato dal Papilloma virus: ne consegue che la vaccinazione anti-HPV sia lo strumento di prevenzione più efficace. Anche in questo caso, il sanguinamento vaginale fuori dal periodo mestruale è il sintomo prevalente. Per identificare precocemente la malattia è consigliato sottoporsi periodicamente al Pap test e all’HPV test, rispettivamente circa ogni 3 anni e ogni 5 anni. 

WID test: una sola analisi per quattro tumori femminili 

Il WID test (Women’s cancer risk IDentification), elaborato recentemente dai team delle Università di Innsbruck e Londra, parrebbe confermare l’esistenza di un legame tra i tumori ginecologici e cancro al seno, almeno dal punto di vista predittivo. Secondo i dati dello studio pubblicato all’inizio del 2022 su Nature Communications, basterebbe infatti un prelievo di tessuto cervicale, non dissimile da quello utilizzato per la diagnosi precoce del tumore alla cervice, per ottenere informazioni utili sulle possibilità di insorgenza di altri tumori. Nello specifico, se paragonato agli altri strumenti diagnostici a disposizione, il WID test sarebbe in grado di identificare il 30% in più di donne a rischio di sviluppare un tumore al seno e il 26% per il tumore all’ovaio.  

Alla base del test c’è l’indagine delle alterazioni epigenetiche, che si differenziano dalle mutazioni genetiche perché, pur essendo ugualmente trasmissibili per via ereditaria, non modificano la sequenza di DNA ma solo la sua espressione. Sebbene gli effetti di una mutazione epigenetica sulla nostra salute possano essere paragonabili a quelli derivanti da una mutazione genetica, va ricordato che la prima è reversibile: gli istoni, ossia le proteine la cui alterazione dà luogo alla variante, risentono dello stile di vita e dei fattori ambientali. 

I prossimi sviluppi nella ricerca si concentreranno sulla possibilità di estendere le capacità predittive del WID test ai tumori dell’utero e della cervice