Benessere sessuale: quando il tumore diventa il “terzo incomodo”
L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, promuove ogni anno per il 4 settembre, la Giornata Internazionale del Benessere Sessuale. L’iniziativa corre via social: #SexualHealthDay. E per chi vuole, su www.worldsexualhealthday.org ci sono tutte le informazioni sulla campagna, che coinvolge anche l’Italia. È un’occasione importante per affrontare una tematica, quella del sesso, avvolta ancora da troppi tabù e da parole non dette. Questo, anche nell’ambito della malattia oncologica. Ma qualcosa per fortuna sta cambiando, come dimostrano i risultati di un sondaggio online condotto in Finlandia su circa 2600 pazienti oncologici. È emerso infatti che circa il 65% di chi ha risposto vuole più informazioni sulla vita sessuale.
La psiche: una cattiva compagnia
Innanzitutto, va demolito un preconcetto: se la coppia “scoppia”, non è per colpa del tumore, ma di problematiche già presenti, magari in uno stato latente. Ma di sicuro, paura, ansia e stati depressivi possono inibire il desiderio e spingere all’isolamento, anziché alla ricerca di un contatto fisico con il partner. A dimostrarlo è anche uno studio italiano, pubblicato sulla rivista Oncology.
I ricercatori hanno visto che un livello elevato di distress, oppure di depressione, influenza negativamente la capacità di adattamento della coppia alla nuova realtà rappresentata dalla malattia oncologica.
Certo, non è un momento facile e per questo serve che il rapporto sia solido. Varie forme di distress emozionale, infatti, si accompagnano non di rado alla diagnosi di tumore: secondo alcuni studi, una percentuale compresa tra il 20% e il 70% dei pazienti oncologici può esserne colpito. Le motivazioni non sono da ricercare esclusivamente nelle preoccupazioni legate alla malattia in sé, quali per esempio la paura di soffrire o di lasciare i propri cari, ma anche nella difficoltà a riconoscersi in un corpo che a volte cambia radicalmente per effetto delle terapie.
La perdita dei capelli, da questo punto di vista, non è altro che la punta dell’iceberg: mancano all’appello le fluttuazioni nel peso corporeo, i disturbi della cute (infiammazioni, rash cutanei), nonché le cicatrici, conseguenza degli eventuali interventi chirurgici.
Non è un caso quindi che sempre più spesso si sottolinei l’importanza dello psiconcologo e del suo lavoro all’interno del team multidisciplinare. Sebbene il ruolo strategico di questo professionista sia stato riconosciuto già nel Decreto Ministeriale n.70 del 2 aprile 2015, le pazienti che vi fanno ricorso sono ancora poche e non tutte le strutture sanitarie mettono a disposizione questo genere di servizi.
Parlarne: il primo passo
A volte le cicatrici sul corpo fanno sentire meno desiderabili, ma è del tutto normale. Da soli, oppure con l’aiuto di uno psicoterapeuta, bisogna però imparare a rimodulare la sessualità, che deve andare oltre l’atto fisico vero e proprio per trasformarsi in qualcosa di più ampio. L’intimità, le carezze, i baci, il rispetto per i propri tempi, hanno una immensa valenza erotica e portano fisiologicamente prima o poi anche all’atto vero e proprio, con calma e serenità. Ma non solo. Bisogna superare il senso di disagio e la vergogna a parlare di “certi” argomenti: quando viene proposta una terapia, è importante chiedere all’oncologo le eventuali ripercussioni sulla sessualità, per non trovarsi “spiazzate” qualora si verificasse un problema sessuale. E, altro passaggio importante, le informazioni ricevute vanno condivise col proprio partner: la condivisione e la complicità, rappresentano il primo passo verso un ritorno del desiderio sessuale.
Le terapie oncologiche mettono a dura prova il benessere sessuale
La diagnosi di tumore del seno, l’intervento chirurgico, il trattamento chemio e radioterapico, portano già con sé un inevitabile calo del desiderio sessuale. A peggiorare il panorama si aggiunge la necessità di indurre la menopausa anticipata, oppure il ricorso a farmaci anti-estrogeni come i modulatori selettivi dei recettori estrogenici, o gli inibitori dell’aromatasi.
Il risultato? Ai sintomi caratteristici della menopausa come vampate e sudorazione notturna, si aggiungono calo del desiderio sessuale, secchezza vaginale, bruciore, dolore durante i rapporti sessuali, con un impatto importante sul benessere sessuale della donna.
L’atrofia vulvo-vaginale: il problema principale
Dati alla mano, se ne lamentano sette donne su dieci con diagnosi di tumore al seno, come emerge da uno studio scientifico pubblicato nel 2017 sul Journal of Cancer Therapy.
Si tratta di una condizione direttamente correlata al calo degli estrogeni, che altera le mucose vaginali e vulvari, rendendole più sottili, meno elastiche e meno toniche. Al trofismo generale si associano sensazioni di prurito, bruciore e fastidio, dolore durante i rapporti sessuali, secrezioni anomale e, nei casi più estremi, piccoli episodi di incontinenza o difficoltà nella minzione.
Come risolvere il disturbo
Le soluzioni non mancano, ma è bene parlarne con l’oncologo di riferimento, perché in caso di tumore al seno, non tutte le terapie vanno bene. È meglio per esempio evitare le terapie ormonali perché al momento sono ancora scarsi i dati che permettono di considerarle sicure. Sì invece alla radiofrequenza quadripolare dinamica, una terapia che consiste nell’irradiazione di onde di calore intermittente, in grado di stimolare la rigenerazione dei tessuti, riattivando la microcircolazione. Sempre nell’ambito delle metodiche, è efficace anche la laserterapia, che sfrutta l’acido ialuronico e vitamina E, o in generale con sostanze bioattive, ma va detto che non sempre si ottiene l’efficacia sperata.