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Il gene PTEN: cos’è e come funziona

Il gene PTEN, come il più noto BRCA1 e diversi altri, è oggetto di grandi attenzioni da parte della ricerca in oncologia in virtù delle funzioni che ricopre nella regolazione dei cicli cellulari.  
PTEN, BRCA1, TP53 e APC – per citare i più conosciuti – vengono infatti definiti “oncosoppressori”: si tratta cioè di geni la cui attività è in grado di controllare i meccanismi di riproduzione delle cellule, impedendo quella proliferazione incontrollata da cui solitamente ha origine il tumore.  

Le proteine codificate dagli oncosoppressori hanno quindi il potere di interrompere il ciclo cellulare nel caso in cui il DNA risulti danneggiato, causare la morte di una cellula potenzialmente nociva e persino impedire alle eventuali particelle tumorali di diffondersi nell’organismo dando luogo alle cosiddette metastasi

Ma cosa accade quando un oncosoppressore come il gene PTEN è mutato? 
La variante patogenetica compromette le sue funzionalità, predisponendo il soggetto allo sviluppo di diverse malattie, non solo oncologiche.  

Quali tumori derivano da questa mutazione genetica? 

I tumori ricondotti alla mutazione del gene PTEN vengono talvolta raccolti sotto la definizione di PHTS (PTEN hamartoma tumor syndrome) e includono patologie caratterizzate da lesioni amartomatose, ossia escrescenze di natura benigna che possono comparire sul viso, su organi interni come la milza o lo stomaco e persino vicino all’ipotalamo. L’effetto dell’amartoma sull’organismo e la necessità di rimuoverlo dipendono ovviamente dalla posizione in cui si sviluppa: quelli sul volto, di solito, sono riconducibili esclusivamente a problemi estetici, più rilevanti sono le complicanze degli amartomi della milza o del cervello

Oltre a innumerevoli patologie rare, come la sindrome di Bannayan Riley Ruvalcaba o la sindrome di Cowden, la mutazione di PTEN è stata anche messa in relazione ad una maggiore probabilità di comparsa di diversi tumori, tra cui: 

  • melanoma 
  • tumore della tiroide 
  • carcinoma del colon-retto 
  • cancro dell’endometrio 
  • tumore al seno 

Nel caso specifico del cancro al seno, il rischio di insorgenza nei soggetti portatori di variante del gene PTEN sale all’85% rispetto al 12% stimato per le donne senza mutazione; l’età media della diagnosi è 40 anni. Anche per le restanti neoplasie sopra citate la diagnosi avviene precocemente, collocandosi in media tra i 30 e i 50 anni. 

Va comunque ricordato che le PHTS sono sindromi poco diffuse, che interessano circa una persona su 200.000. 

Carcinoma triplo negativo: quale correlazione con PTEN? 

Il carcinoma triplo negativo è da tempo riconosciuto come uno dei tumori al seno più aggressivi e difficili da trattare. Non esprimendo positività ai recettori ormonali, molte delle terapie recentemente adottate per la cura del tumore al seno risultano inefficaci. 

Una nuova speranza arriva però da uno studio da poco pubblicato sulla rivista Nature Communication, con il quale è stata evidenziata la frequenza delle modifiche alla via di segnalazione cellulare – il meccanismo che regola la comunicazione e le reazioni delle cellule – di PI3K e PTEN in questo particolare tipo di tumore al seno. Gli errori nelle vie di segnalazione cellulare possono contribuire allo sviluppo di malattie oncologiche e non. 

Il gruppo di ricercatori che ha scoperto queste alterazioni nel carcinoma triplo negativo ha contemporaneamente identificato l’azione di una proteina specifica, chiamata MAPK4, sulla quale si potrebbe agire come bersaglio molecolare per inibire la crescita della massa tumorale. 

Un altro studio scientifico, infine, ha individuato una correlazione tra la metilazione del gene PTEN, ossia il processo che caratterizza l’espressione genetica delle cellule, con un rischio più elevato di recidiva o decesso a dieci anni dalla diagnosi di tumore al seno.