A.P.S. EUROPA DONNA ITALIA
VIA CONSERVATORIO 15
20122 MILANO
TEL 02 36709790
SEGRETERIA@EUROPADONNA.IT
IBAN: IT32 J030 6909 6061 0000 0013 702
CF: 97560520153

n

Europa Donna

Lavorare durante e dopo il tumore

Per le donne con tumore al seno che continuano o riprendono a lavorare, il lavoro assume un significato nuovo.  È importante che il lavoro sia compatibile con i propri valori e capacità. È importante la conciliazione della vita quotidiana con il lavoro. Affinché ciò non comporti dei ripiegamenti al ribasso è necessario che “risorse umane” siano formate ad una cultura del lavoro sostenibile.

conciliazione della vita quotidiana con il lavoro

Oggi le terapie per trattare il tumore al seno, permettono di avere buone prospettive di sopravvivenza sia a 5 che a 10 anni dalla diagnosi. Quindi questa patologia si può considerare una malattia controllabile nella maggior parte dei casi. Gestire però una patologia oncologica non è semplice. Comporta la necessità di conciliare le cure con qualsiasi altro aspetto della vita: la famiglia e gli affetti, il lavoro, il tempo libero, ecc. In questo articolo, in particolare, ci vogliamo concentrare sulla conciliazione della vita quotidiana con il lavoro.

Il cancro al seno, infatti, spesso viene diagnosticato in un tempo di vita in cui le donne ancora lavorano. Molto donne infatti continuano a lavorare durante le terapie, o dopo le terapie più invasive. La ricerca, nel corso degli anni, si è soprattutto concentrata a studiare quei fattori che ostacolano la ripresa lavorativa. Oggi è tempo di spostare l’attenzione su che cosa significa lavorare con la malattia, perché sono poche le donne che non riprendono a lavorare o addirittura che non continuano a lavorare, quasi senza interruzioni o con brevissime interruzioni.

 

Un nuovo valore. un lavoro “sostenibile”

Abbiamo intervistato donne che hanno dovuto affrontare la diagnosi di tumore al seno e che attualmente ne gestiscono la cronicità. L’aspetto più rilevante che è emerso è che la malattia e la sua gestione nel tempo hanno modificato il significato che viene attribuito al lavoro. Seppur sia fondamentale riprendere e continuare a lavorare, spesso viene detto: “ora il lavoro è una parte. Non è più preponderante e schiacciante come prima nella mia vita”; “viaggiare, avere delle ore libere, portare a spasso il cane; sono forse diventate attività più importanti che spendere tutte quelle ore sul lavoro”.

Da queste parole sembra che il lavoro sia meno centrale nella vita, in realtà è più corretto dire che al lavoro si cerca ora di dare il giusto spazio, si è alla ricerca di un “lavoro sostenibile” cioè compatibile con quelli che sono i propri valori e le proprie credenze, nonché le proprie capacità, pensando che in primo luogo il lavoro non debba “consumare” la propria vita, alla quale con la malattia si è dato certamente nuovo valore.

 

L’impatto con le difficoltà relazionali

Questo è certamente un aspetto positivo, da incentivare e sostenere. Cercare un equilibrio tra lavoro e vita privata, tra lavoro e la gestione della propria patologia è un’ottima strategia. Peccato che questo spesso ancora non venga capito da molti contesti lavorativi. Peccato che molti racconti mettono in luce come sia faticoso lavorare durante e dopo il tumore perché i bisogni di vicinanza e di supporto, anche materiale, spesso impattano contro una percepita difficoltà, da parte di colleghi e superiori, ad entrare in relazione non tanto con la persona, ma con la malattia che essa naturalmente porta o ricorda. In questo quadro, il nuovo equilibrio che si viene a creare con il rientro al lavoro, sembra caratterizzato più da rinunce e da demansionamenti piuttosto che dalla realizzazione della propria personalità.

 

La responsabilità di chi gestisce le risorse umane

Bisogna considerare non più soltanto il rientro al lavoro di una donna dopo la diagnosi di tumore, ma il lavoro di una donna con un tumore cronico. Per rendere chiaro che cosa significhi, credo sia di aiuto riflettere su questo periodo di pandemia e su come esso è stato gestito sui posti di lavoro. Vi è stato un tempo iniziale in cui la pandemia ha causato una rottura: si è rimasti tutti a casa, alcune persone hanno iniziato a lavorare da casa, altre hanno smesso di lavorare. Poi, vi è stato il tempo dell’alternanza: a seconda dell’aumentare o del diminuire dei contagi si lavorava di più o di meno, in presenza o a distanza.

Infine, e siamo all’oggi, è arrivato il momento della convivenza. Il virus circola ancora, ma si lavora, in modalità nuove, costruite soprattutto da chi è solito gestire il personale. Anche la donna che lavora con una storia di tumore al seno ha bisogno di lavorare in modo nuovo. Entrare in questa nuova fase, in cui lavoro e gestione della malattia cercano di conciliarsi, può significare, per chi si occupa di “Human Resources”, riuscire a sviluppare nella propria azienda un lavoro sostenibile, adatto a tutti.

 

Articolo redatto in collaborazione con Massimo Miglioretti, Elena Facoetti, Dipartimento di Psicologia, Università di Milano-Bicocca.