A.P.S. EUROPA DONNA ITALIA
VIA CONSERVATORIO 15
20122 MILANO
TEL 02 36709790
SEGRETERIA@EUROPADONNA.IT
IBAN: IT32 J030 6909 6061 0000 0013 702
CF: 97560520153

n

Europa Donna

Il tumore mammario e le mutazioni genetiche

Il tumore mammario è una malattia eterogenea il cui sviluppo dipende dall’interazione di diversi fattori: ambientali, ormonali, metabolici, immunitari e genetici. Come in tutti i tumori, anche nel tumore mammario la trasformazione da cellula normale a cellula tumorale è causata dall’accumulo di mutazioni in proto-oncogeni, geni oncosoppressori e geni di riparazione del DNA.
Il ruolo dei proto-oncogeni è quello di regolare la crescita e la differenziazione cellulare; a seguito dell’acquisizione di mutazioni, si trasformano in oncogeni e quindi, in questa veste, «premono l’acceleratore» per stimolare la divisione cellulare, creando così un numero maggiore di cellule anomale.
I geni oncosoppressori hanno invece la funzione opposta, quella di impedire o rallentare la proliferazione delle cellule; pertanto, se mutati, non riconoscono la crescita cellulare anormale e non «tirano il freno» per inibirla.
Infine i geni di riparazione del DNA, una volta mutati, non sono più in grado di individuare gli errori presenti nel DNA stesso e di ripararli.

Casualità, familiarità, ereditarietà

I tumori mammari sono per la maggior parte “sporadici”, cioè si verificano in maniera del tutto casuale. Sono dovuti a mutazioni – in una o più cellule del nostro organismo – cosiddette “somatiche”, che cioè non vengono ereditate ma acquisite nel corso della vita (per esempio a causa dell’età o di agenti esterni).

Il 10-15% dei tumori mammari sono definiti “familiari” poiché insorgono in più componenti di una stessa famiglia, in età simile a quella dei tumori sporadici, a causa di fattori di rischio ambientali, legati a stili di vita, o alla presenza di più polimorfismi genici. I polimorfismi sono variazioni dei singoli nucleotidi (SNPs), cioè delle unità che compongono la molecola di DNA. Grazie al sequenziamento dell’intero genoma umano, sappiamo che ogni individuo possiede nel suo corredo genetico milioni di polimorfismi e che alcuni di essi, presi singolarmente, aumentano di poco il rischio, ma insieme, per effetto combinato, potrebbero contribuire in modo significativo all’insorgenza del tumore.
Infine, circa il 5-10% dei tumori mammari sono “ereditari”, caratterizzati dalla presenza di più casi nella stessa famiglia e da un esordio più precoce rispetto ai tumori sporadici. I tipi di tumore mammario ereditario sono “rari” (es. tumore mammario nell’uomo o in entrambi i seni nella donna) e dovuti a mutazioni germinali che, per definizione, riguardano tutte le cellule del corpo e si trasmettono ai figli.

I Geni che predispongono al tumore

I geni ad alto rischio di tumore mammario sono: BRCA1, BRCA2, TP53, CDH1, PTEN e STK11, mentre i geni a rischio moderato sono: ATM, PALB2, RAD50, FANCM, BARD1, CHEK2, RAD51C, BRIP1, MRE11A, NBN, ecc.
Tra i geni ad alto rischio, quelli che più frequentemente sono coinvolti nella predisposizione ai tumori mammari sono BRCA1 e BRCA2, geni oncosoppressori identificati negli anni ’90, localizzati rispettivamente sul cromosoma 17 e sul cromosoma 13. Le alterazioni di questi geni sono responsabili di circa il 25% dei casi di tumore mammario ereditario e di circa il 10% dei casi di tumore ereditario all’ovaio.
Il gene BRCA1 codifica una proteina in grado di regolare la trascrizione di altri geni, di controllare il ciclo cellulare e di condividere con BRCA2 la capacità di riparare le rotture della doppia elica del DNA attraverso il sistema della Ricombinazione Omologa (HR).  Proprio come avviene nel Pit Stop della Formula Uno, durante il quale una squadra di tecnici rimette in pista la macchina, BRCA1 e BRCA2, in azione combinata con altri geni e attraverso un meccanismo a cascata correggono in maniera fedele la doppia elica danneggiata. È chiaro che la presenza di una variante patogenetica, o mutazione, in uno di questi geni, compromette il sistema di riparazione del DNA aumentando il rischio di sviluppare uno o più tumori nel corso della vita.
Le varianti nei geni BRCA possono essere trasmesse per linea materna o paterna al 50% della prole, indipendentemente dal sesso. Ereditare una mutazione patogenetica, tuttavia, non significa ereditare la malattia, ma solo un rischio più alto di ammalarsi rispetto alla popolazione generale. Perché si sviluppi un tumore, infatti, è necessario che alle mutazioni genetiche ereditate si sommino quelle acquisite nel corso della vita.

Le percentuali di rischio

Per le portatrici di varianti in BRCA1, il rischio cumulativo (cioè la proporzione di donne che si ammalano in un determinato arco di tempo) di sviluppare un tumore mammario da 0 a 70 anni si stima che sia compreso tra il 56 e l’87% circa e, per le portatrici di varianti in BRCA2 tra il 50 e l’80%. Tali varianti, inoltre, provocano un aumento del rischio di tumore all’ovaio di circa il 44% per BRCA1 e del 17% per BRCA2. 
Il rischio di comparsa di un nuovo tumore nell’altro seno (tumore controlaterale), a 10 anni dal primo tumore, è del 60% per le donne con varianti patogenetiche in BRCA1 e del 26-50% per quelle con varianti patogenetiche in BRCA2.
Le mutazioni in questi geni sono anche responsabili di aumento del rischio di tumore mammario nell’uomo, pari all’1-5% per BRCA1 ed al 7-8% per BRCA2.
Dati recenti della letteratura scientifica riportano inoltre un modesto incremento di rischio per altri tipi di neoplasie, come il tumore del pancreas, della prostata, del colon, il melanoma e il tumore dello stomaco.

Il test genetico

Le attuali raccomandazioni per l’implementazione del test BRCA nelle pazienti con carcinoma mammario prevedono che il test sia proposto all’interno di un percorso di consulenza onco-genetica (CGO).
I dati raccolti durante la CGO possono orientare lo specialista a proporre alla donna eventuali approfondimenti per altri geni implicati nella predisposizione ad altre sindromi, in cui il tumore mammario è solo una delle possibili neoplasie. 
È comunque importante che il test sia proposto al momento della diagnosi, perché consente da un lato di pianificare la strategia chirurgica e terapeutica più appropriata per la paziente, dall’altro di individuare i familiari sani portatori di varianti patogenetiche e di sottoporli a misure di riduzione del rischio. Tali misure comprendono la sorveglianza clinica intensiva, mediante un programma di esami diagnostici, l’adozione di un corretto stile di vita, la farmaco-prevenzione fino alla chirurgia profilattica.

 

Conclusioni

Il tumore mammario è una malattia eterogenea, causata da mutazioni nel DNA che risultano ereditarie solo nel 5-10% dei casi. Questo non significa che si eredita la malattia, ma un rischio più alto di svilupparla. Tra i numerosi geni coinvolti nel tumore mammario quelli che lo sono più frequentemente sono BRCA1 e BRCA2, geni oncosoppressori in grado di riparare i danni del DNA. La presenza di mutazioni in questi geni compromette la riparazione della doppia elica contribuendo allo sviluppo dei tumori. Di qui la necessità di eseguire i test genetici al momento della diagnosi, previa consulenza onco-genetica, per supportare la donna nella scelta delle decisioni migliori da prendere per sé e per i suoi familiari.