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Europa Donna

Scoperchiare un vaso di Pandora chiamato BRCA

Attraverso una lettera al New York Times, otto anni fa Angelina Jolie accendeva la luce dei riflettori sul bisogno, in larga parte inascoltato, delle donne che convivono con una mutazione patogenetica dei geni BRCA. Eppure, la sovraesposizione mediatica ha paradossalmente complicato i primi anni dell’associazione aBRCAdabra, costretta a confrontarsi con l’ostracismo reazionario alla chirurgia preventiva dell’attrice hollywoodiana.

Alcune mutazioni genetiche predispongono a un’elevata percentuale di sviluppo dei tumori al seno e all’ovaio, spesso in età giovane o molto giovane e con forme particolarmente aggressive. Le percentuali vanno dal 50% a oltre l’80%, contro il 10% circa della popolazione femminile non mutata. Tra le mutazioni più note vi sono quelle a carico dei geni BRCA1 e BRCA2, individuate per la prima volta negli anni ’90 dalla genetista canadese Mary Claire King. La loro popolarità è legata alla scelta, considerata all’epoca radicale, di Angelina Jolie di sottoporsi, nel 2013, a una mastectomia profilattica per ridurre il più possibile il rischio di sviluppare un tumore al seno nel corso della vita. Due anni più tardi, l’attrice decise di farsi asportare anche tube e ovaie per ridurre in modo significativo il rischio di sviluppare un tumore dell’ovaio. La sua vicenda ha portato alla ribalta il bisogno di salute inascoltato di tantissime donne portatrici di mutazioni che, dopo un test genetico in mano e/o una familiarità conclamata, sentivano di vivere sedute sopra una bomba senza sapere come disinnescarla.

aBRCAdabra onlus è stata fondata nel novembre del 2015 come conseguenza di un movimento nato alcuni anni prima sui social network per radunare le donne portatrici di una mutazione dei geni BRCA” ricorda Ornella Campanella, presidente e fondatrice dell’associazione. Infatti, le radici di ciò che sarebbe divenuto aBRCAdabra affondano a prima del “caso Jolie” cioè a un gruppo che faceva da rete di supporto e di condivisione per le donne ad alto rischio genetico secondo un modello di advocacy anglosassone. L’incontro tra Campanella e Alberta Ferrari, chirurga senologa che ha dedicato la sua carriera alle donne con alto rischio genetico, sarà la spinta decisiva per la nascita di una realtà strutturata. Europa Donna Italia è stata letteralmente la prima ‘casa’ di aBRCAdabra, anche dal punto di vita logistico. “EDI è stata per noi come una mamma. Fin dall’inizio ha patrocinato e sostenuto la nostra associazione, introducendola nel mondo dell’associazionismo. Ma non solo. Nel tempo, si è instaurata una collaborazione bidirezionale che prevede lo scambio reciproco di conoscenze e supporto: una sinergia rara, come è rara la certezza di essere reciprocamente a disposizione in caso di necessità” spiega Campanella.

La prima sfida in cui le socie di aBRCAdabra dovettero cimentarsi fu, paradossalmente, di natura culturale. Come conseguenza al boom di popolarità seguito alla scelta di Angelina Jolie, la chirurgia di riduzione del rischio senologico, cioè la mastectomia profilattica, rischiava di venire ancor più ostracizzata di quanto già non lo fosse. Le ragioni? “Da una parte il claim del ‘non toccare il seno’ in favore di una chirurgia il più possibile conservativa;  dall’altro, la convinzione che le donne che richiedevano la chirurgia fossero spinte dall’emulazione dell’attrice, banalizzando, snobbando e spesso rifiutando la richiesta delle donne desiderose di comprendere rischi e benefici della mastectomia profilattica” chiarisce la presidente. Contro l’appiattimento di quello che è un vero e proprio bisogno di salute, le socie di aBRCAdabra si sono date da fare: hanno girato l’Italia, partecipato a convegni e rilasciato testimonianze della propria esperienza, raccontando il proprio bisogno di salute fino a quel momento inascoltato se non in pochi centri di cura.

“Dal 2013 a oggi molte cose sono cambiate. Parlare di mutazione dei geni BRCA oggi significa parlare non solo del rischio di sviluppare tumore della mammella e dell’ovaio ma anche del pancreas e della prostata. Ci rivolgiamo quindi ai bisogni di salute delle donne, degli uomini sia sani che malati e delle loro famiglie, perché il BRCA coinvolge davvero tutta la famiglia” prosegue Campanella. Oggi, aBRCAdabra è presente, attraverso 18 delegazioni regionali, in quasi tutto il Paese e lavora insieme a specialisti, società scientifiche e istituzioni per promuovere la diagnosi precoce e la prevenzione dei carcinomi, individuando la popolazione a rischio e dedicando loro percorsi ad hoc in centri specializzati.

“Le delegazioni sono le sentinelle sul territorio della nostra grande famiglia virtuale. Esse intercettano le persone e contribuiscono a rinforzare la rete locale di contatti poiché l’obiettivo di aBRCAdabra è aiutare concretamente le donne, gli uomini e le famiglie che si rivolgono a noi” spiega la presidente, ricordando anche la proficua collaborazione con la comunità scientifica. “Le società scientifiche ci cercano spesso perché sanno che, tra le donne mutate, il desiderio di saperne di più sulla propria condizione è forte, ma è ancora più forte il desiderio di mettere la propria storia clinica a disposizione della comunità scientifica per promuovere una presa in carico sempre più appropriata e standardizzata. Per questo motivo, l’adesione volontaria agli studi clinici è molto elevata”.  Oggi, grazie all’impegno di Ferrari e alla credibilità guadagnata da aBRCAdabra, il comitato tecnico-scientifico di aBRCAdabra vanta undici specialisti tra i più autorevoli del panorama scientifico nazionale, molti dei quali dei veri pionieri del BRCA.

Come per tutti, il futuro a breve termine di aBRCAdabra dipende dalla pandemia. “Siamo consapevoli dell’emergenza sanitaria, però dobbiamo fare il possibile per recuperare i ritardi e tornare a fare diagnosi precoce. Saltando i controlli periodici previsti dallo specifico protocollo di sorveglianza [che è diverso rispetto a quello delle donne con una storia pregressa di tumore al seno o all’ovaio], c’è il rischio che non si riescano ad intercettare tempestivamente tumori in fase precoce tra le donne portatrici della mutazione dei geni BRCA. Senza dimenticare che, non essendo considerati urgenti, tutti gli interventi di chirurgia profilattica, sia al seno che all’ovaio, sono stati procrastinati a date indefinite, impedendo così alle donne di giocare d’anticipo” ricorda Campanella. In conclusione, la presidente ribadisce quello che rimane il vero bersaglio nel mirino: l’approvazione di linee guida nazionali sull’alto rischio di cui l’Italia è ancora orfana. “Il panorama sanitario nazionale contempla ventuno enti locali e altrettanti sistemi sanitari regionali, ciascuno dei quali va per conto proprio. Alcune Regioni hanno approvato l’esenzione per la diagnosi precoce dei tumori della mammella e/o dell’ovaio nelle pazienti con rischio eredo-familiare. Altre no. Alcune Regioni si sono dotate di un PDTA specifico per l’alto rischio. Altre no. Uniformare questi diritti è un principio di equità sociale: la salute non può dipendere dalla Regione nella quale si risiede”.