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Il digiuno rende più efficaci le terapie antitumorali?

Degli effetti del digiuno nei pazienti oncologici se ne discute da anni, senza che per questo la comunità scientifica sia giunta a un verdetto definitivo. La pubblicazione dei risultati di due nuovi studi clinici, entrambi focalizzati sul tumore al seno, apporta nuovi elementi al dibattito, pressoché limitato finora all’interpretazione di dati di laboratorio.

Il primo di questi, coordinato dall’Università di Leida e pubblicato su Nature Communications, ha esaminato gli effetti della dieta mima-digiuno durante la terapia neoadiuvante che precede l’intervento chirurgico. Ideata dal biochimico Valter Longo, la cosiddetta mima-digiuno è una dieta vegana ipocalorica studiata per ‘ingannare’ il corpo imitando gli effetti metabolici del digiuno. L’obiettivo principale della ricerca era verificare se la dieta mima-digiuno – seguita per 4 giorni subito prima e durante la chemioterapia – fosse in grado di limitare gli effetti avversi; quello secondario se fosse anche in grado di migliorare questa risposta. I ricercatori hanno coinvolto 129 pazienti con un tumore in stadio II o III purché non fosse HER2+ in attesa dell’intervento chirurgico. 65 sono state assegnate al gruppo della dieta mima-digiuno e hanno ricevuto il kit di 4 giorni di dieta per ciascun ciclo di chemioterapia, mentre le restanti 64 dovevano seguire una normale alimentazione.

“L’incidenza di eventi avversi è stata simile nei due gruppi, quindi non si è visto un effetto protettivo, però è interessante notare che la risposta patologica è stata più frequente nelle donne che hanno aderito scrupolosamente alla dieta mima-digiuno”, spiega in un’intervista a la Repubblica Alessio Nencioni, professore dell’Università di Genova e ricercatore dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro. “Questo studio è il primo ad avere un risultato apparentemente favorevole. Ha puntato nella direzione giusta, ma il numero così limitato di pazienti è un limite”. Infatti, solo 22 donne del primo gruppo sono riuscite a seguire la dieta in modo ferreo per 4 cicli di chemio (e appena il 20% per tutti i cicli): il motivo principale è l’avversione ad alcuni alimenti del kit, probabilmente associati ai disturbi provocati dalla chemioterapia. 

Proprio Nencioni è il coordinatore del secondo studio, pubblicato su Nature e sostenuto dalla Fondazione AIRC. La sperimentazione ha seguito 36 donne in terapia ormonale per sei mesi, in parte a Genova e in parte all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, alle quali è stato proposto un regime di 5 giorni al mese di semi-digiuno: il primo giorno con 1.100 calorie, i quattro successivi con 600 o 700, ovvero l’equivalente di un pasto magro per le intere 24 ore. Tra una fase di digiuno e l’altra, le donne seguivano un regime alimentare più ricco in calorie e proteine per permettere all’organismo di recuperare dal digiuno. Sebbene la validità dell’approccio andrà confermata in gruppi di pazienti più ampi, i risultati suggeriscono che un parziale digiuno possa potenziare gli effetti della terapia ormonale. 

“I cicli di semi-digiuno riducono vari fattori di crescita nell’organismo come l’insulina o la leptina, proteine che circolano nel sangue e inducono le cellule a proliferare” chiarisce Nencioni in una seconda intervista a la Repubblica. Tra le grandi incognite del digiuno vi è però il rischio della malnutrizione, motivo per cui medici e ricercatori sconsigliano vivamente il ricorso al fai-da-te. Le alterazioni dello stato nutrizionale sono infatti estremamente frequenti tra i pazienti oncologici. La malnutrizione per difetto, caratterizzata dalla perdita di peso corporeo e di massa muscolare, è considerata una “malattia per malattia” con cui convivono circa 33 milioni di persone in Europa. Essa riduce la tolleranza ai trattamenti, peggiora la qualità di vita e aumenta la mortalità.