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HER2+: un farmaco sperimentale permette di controllare le metastasi cerebrali

SAN ANTONIO (Stati Uniti) – La molecola su cui sono puntati i riflettori del San Antonio Breast Cancer 2019 si chiama tucatinib: in combinazione con chemioterapia orale e trastuzumab, questo farmaco sperimentale promette di trasformare l’attuale panorama terapeutico del tumore avanzato al seno HER2 positivo.

Questo carcinoma estremamente aggressivo rappresenta circa il 15-20% dei casi ed esprime in maniera consistente il recettore di tipo 2 del fattore di crescita epidermico umano (HER). Per chi ha un tumore di questo tipo, le opzioni di trattamento sono molteplici ma circa il 15% delle donne sviluppano metastasi cerebrali. Il trattamento di queste donne è ancora oggi non ottimale, per la mancanza di farmaci realmente in grado di controllare la malattia cerebrale.

Generalmente, gli studi clinici escludono le pazienti con metastasi cerebrali per il rischio che la scarsa prognosi finisca per occultare l’efficacia del farmaco. HER2CLIMB è il primo studio di fase III ad aver arruolato anche donne il cui carcinoma mammario aveva raggiunto il cervello e le cui metastasi stavano progredendo. Le 612 donne coinvolte erano già state sottoposte ad almeno due cicli di terapie. I risultati della sperimentazione, che ha coinvolto anche istituti di ricerca italiani, sono ritenuti estremamente promettenti dagli addetti ai lavori, tanto da scomodare paragoni ingombranti con altre molecole divenute delle pietre miliari.

Nelle pazienti già pesantemente trattate con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo, comprese quelli con metastasi cerebrali, l’aggiunta di tucatinib a trastuzumab e capecitabina ha determinato una migliore sopravvivenza libera da progressione e risultati di sopravvivenza complessiva. Nel dettaglio, l’aggiunta di tucatinib ha quasi triplicato la durata della sopravvivenza libera da progressione (33% contro il 12% osservato nella sola combinazione di trastuzumab e capecitabina) e aumentato significativamente quella complessiva a due anni (45% contro il 27%). Gli effetti collaterali più comuni osservati nel gruppo con tucatinib includevano diarrea e livelli elevati di transaminasi, possibili indicatori di danno epatico.

“A un anno dall’inizio della terapia, una donna su quattro è ancora viva, mentre nessuna sopravvive con la sola terapia standard” sottolinea Giuseppe Curigliano dell’Istituto Europeo di Oncologia e Università di Milano, tra gli autori dello studio pubblicato sul New England Journal of Medicine in contemporanea alla presentazione al simposio. D’altro canto, tucatinib rivoluzionario lo è per davvero. Grazie ai progressi della ricerca, la sopravvivenza delle donne con tumore al seno HER2-positivo è in continuo aumento.

La presenza di metastasi cerebrali impatta sulla qualità della vita – cefalee, nausea, vertigini – e inevitabilmente sulla sopravvivenza. “Questo inibitore delle tirosin chinasi è sufficientemente piccolo da attraversare la barriera ematoencefalica e raggiungere il cervello, bloccando direttamente lo stimolo di proliferazione della proteina HER2” prosegue Curigliano. I prossimi passi prevedono analisi minuziose dei dati relativi alla popolazione con metastasi cerebrali per valutare nel dettaglio parametri quali la risposta intracranica o il tasso di progressione. Nel frattempo, Seattle Genetics, l’azienda produttrice di tucatinib, sembra intenzionata a depositare domanda di approvazione presso l’agenzia regolatoria statunitense già nella prima metà del 2020.